fondoScienzae NO2

La diffusione della tecnologia ha seguito negli ultimi decenni uno sviluppo importante e globale che ha coinvolto fasce di popolazione sempre più ampie e differenziate dal punto di vista economico e culturale.
La comunità scientifica e la società sono connesse fra di loro molto più facilmente rispetto al passato: articoli di giornale, blog scientifici, pagine Web, twitter, Facebook, sono solo alcuni esempi di come questi due mondi possano beneficiare della tecnologia per una comunicazione quotidiana, potenzialmente biunivoca e su scale diverse, potendo riguardare problematiche sia locali sia globali.

Il merito di questa aumentata comunicazione va non solo alla società, che chiede con maggiore insistenza e interesse alla comunità scientifica di raccontare le sue ricerche, ma anche agli scienziati che sempre più sentono il “contratto” con la società e desiderano comunicare il loro lavoro e le ricadute che da questo derivano.
Anche le scienze più “ostiche” come la fisica nucleare e delle particelle sono oggi diventate argomenti di discussione e di appassionati confronti in contesti aperti alla società, con una netta discontinuità rispetto a situazioni del passato che vedevano lo scienziato, chiuso nella sua torre d’ avorio, dispensare sapere senza un reale confronto con il pubblico.
Un’impresa scientifica come LHC (Large Hadron Collider) al CERN di Ginevra, con un investimento iniziale di 6 miliardi di euro, che ha coinvolto migliaia di scienziati in un programma di ricerca pluridecennale, ha creato da alcuni anni un “laboratorio di comunicazione” del tutto nuovo.

La concentrazione di tante risorse ha anche stimolato un confronto diverso rispetto al passato in cui la società ha sentito con più nettezza la necessità di interrogare gli scienziati sulle motivazioni e le ricadute del loro lavoro, e il bisogno di capire e valutare l’eventuale rischio ad essa connesso.
Basti pensare al contenzioso suscitato nel 2008 dal professor Otto Rossler, un chimico tedesco della Eberhard Karls University che, pochi giorni prima dell’accensione del LHC, presentò insieme ad alcuni colleghi ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, sostenendo che gli esperimenti dei fisici del CERN avrebbero creato un buco nero capace di “fagocitare” il pianeta Terra.
Per quanto fantasiosa e decisamente allarmista, la dichiarazione di Rossler finì su molti giornali e siti online, e creò una controversia sia all’interno della comunità scientifica sia fra questa e  la società.

La reazione del CERN fu pronta e declinata su più livelli: non fu semplicemente una smentita in cui i fisici chiedevano un “atto di fede” e cercavano di tranquillizzare l’opinione pubblica, ma venne formato anche un gruppo di lavoro che con metodo scientifico calcolò in maniera quantitativa la probabilità che un evento rarissimo come quello ipotizzato da Rossler avesse luogo. La controversia venne risolta e la campagna mediatica di valorizzazione del metodo di lavoro del CERN venne ulteriormente potenziata, mettendo al centro la scienza come valore comune per tutta la società.
Il 4 luglio del 2012 il videoannuncio della scoperta di quello che poi fu confermato essere il bosone di Higgs, trasmesso su  1034 stazioni TV, venne seguito da 1 miliardo di persone e 17.000 giornali di 180 nazioni pubblicarono la notizia. La fisica fondamentale era diventata “People New“.
Oltre alla mediatizzazione della scienza e della ricerca descritta nel precedente esempio e vissuta dai ricercatori sempre più come opportunità di dialogo, la relazione tra scienza e società vede anche un’intensificazione delle questioni poste dalla ricerca alla società in termini di decisioni politiche su temi a carattere scientifico o su un diretto impatto delle evidenze scientifiche e di ricerca sul comportamento e la vita degli esseri umani.

Un esempio è presentato in maniera diffusa nell’articolo, in questo stesso volume, di Stefano Caserini: la questione climatica e la consapevolezza ormai diffusa della sua origine antropica pongono la necessità di operare intensamente a livello politico per affrontare tale questione. Ma l’evidenza scientifica del ruolo dell’attività umana sul cambiamento climatico presenta anche agli individui la necessità di modificare i comportamenti quotidiani con un impatto che si estende quindi dalla responsabilità collettiva e politica a quella personale.
Si presenta quindi la necessità di una maggiore consapevolezza dei temi scientifici, ma anche di come la ricerca funzioni e produca i suoi risultati, da parte dei policy makers e dei cittadini [1].

Infatti la diffusione della tecnologia, la comunicazione della scienza e l’ampliata connessione con la società non sono cresciute di pari passo con la diffusione del metodo scientifico, di che cosa esso sia, di come si applichi nei diversi ambiti scientifici, di come sia utilizzato nel corso di una ricerca pluriennale per risolvere le inevitabili controversie che nascono all’interno delle comunità di riferimento. Infatti tali controversie sono un momento “creativo” del lavoro scientifico, in cui si producono le ipotesi e si cercano le soluzioni metodologiche che faranno avanzare in quella determinata ricerca.  Nella quasi totalità degli eventi di comunicazione, siano essi fra scienziati o rivolti ad un pubblico generalista si insiste, come naturale, sull’oggetto della controversia scientifica piuttosto che sulla coerenza del metodo di ricerca applicato. Tuttavia quest’ultimo è fondamentale per mettere sotto la giusta prospettiva il problema e acquisire con consapevolezza gli elementi quantitativi su cui poi basare una scelta.

Ad esempio di fronte ad affermazioni generiche come “gli OGM fanno male alla salute” oppure “gli OGM non fanno male alla salute”, spesso ci si dimentica di verificare  sulla base di quali dati vengano fatte tali dichiarazioni, se i dati disponibili siano statisticamente sufficienti a confermare un’ipotesi e a scartarne un’altra, se i risultati siano riproducibili o siano stati riprodotti da più gruppi di ricerca.
Siamo convinti che una maggiore conoscenza dei principi di base del metodo scientifico potrebbe aiutare il dialogo tra scienza e società, perché creerebbe consapevolezza e linguaggio comuni su cui innestare l’oggetto della comunicazione. Riteniamo altresì che sia compito degli Atenei e degli Enti di Ricerca favorire e sostenere progetti di formazione all’apprendimento del metodo scientifico.
Descriviamo qui di seguito due iniziative di cui gli autori sono stati promotori e attori: il progetto “Semplicemente… complesso”, rivolto a bambini della scuola primaria, e la “Scientific Summer Academy”, rivolta a studenti della scuola secondaria di secondo grado.

Semplicemente… complesso

Il progetto ha avuto origine nel 2009 grazie alla collaborazione fra alcuni ricercatori e dottorandi del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e gli insegnanti della sezione primaria della Scuola Internazionale Europea Statale “A. Spinelli” [2]. La scuola, dopo aver ricevuto dalla Regione Piemonte un contributo iniziale nell’ambito del piano strategico di ampiamento della offerta formativa, ha continuato in seguito a sostenere il progetto inserendolo annualmente nel suo programma di attività curriculari.
“Semplicemente…complesso”, come illustrato dall’insegnante Marisa Porcelli nel suo intervento a “ComunicareFisica 2012” [3], nasce dal desiderio di far lavorare i bambini sul tema dell’infinitamente piccolo ed in particolare sul tema del “vedere l’invisibile”, per scoprire con loro che, scendendo di scala, la molteplicità e la complessità che ci circonda è riconducibile a un numero finito di elementi. Nella convinzione che l’apprendimento avvenga solo attraverso esperienze significative e motivanti, che restino nella memoria cognitiva, affettiva ed emotiva dei bambini, si è scelto questo non semplice argomento, in quanto rilevante dal punto di vista scientifico e pregnante come esperienza da far vivere ai bambini.

La scelta metodologica che guida la realizzazione del progetto in tutte le sue fasi è quella del favorire un atteggiamento di curiosità cognitiva come motivazione all’osservazione e alla scoperta. La metodologia del porsi domande prevede un modello di insegnamento/apprendimento che parta dalla formulazione di ipotesi e, con rigore procedurale, le analizzi e studi strategie di soluzione che passano attraverso l’esperienza, la scelta di osservabili fisiche appropriate e la loro determinazione sperimentale. Finalità dell’educazione non è dare all’allievo una quantità sempre maggiore di conoscenze, ma è costruire in lui uno stato interiore che lo orienti sempre, non solamente durante l’infanzia, fornendogli in maniera graduale gli strumenti per costruire con creatività e rigore un approccio costruttivo  e scientifico alla ricerca delle soluzioni.
Il progetto si sviluppa su 5 anni. Ogni anno un’attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti viene svolta presso l’Università di Torino, seguita da interventi mirati dei ricercatori in classe e in laboratorio con i bambini a coadiuvare e supportare gli insegnanti nelle esperienze.
Le azioni del progetto sono differenziate a seconda della età dei bambini:

  • In 1a elementare l’attenzione è posta sulla valorizzazione della curiosità e del processo creativo di formulare ipotesi, associate ad una semplice esperienza tattile su oggetti non visibili, a cui segue “l’esperimento” che permette di confermare o confutare le ipotesi che ogni bambino è chiamato a fare sfruttando le sue abilità grafiche e di disegno.
  • In 2a e 3a elementare si sviluppa il “racconto” che verte sulla domanda: “di che cosa siamo fatti?”. Si introduce in maniera elementare ma rigorosa la struttura atomica e subatomica della materia e la si collega e la si complementa con la storia dell’origine del Universo a partire dall’ipotesi del Big Bang. Si illustrano i fondamenti del Modello Standard delle particelle elementari ponendo particolare attenzione ad ascoltare i bambini nelle loro osservazioni e deduzioni. Prende forma parallelamente l’idea di scienziato che lavora in gruppo in un contesto senza ideologie e differenze.
  • In 4a i bambini diventano protagonisti di una esperienza diretta di misura di flusso di raggi cosmici, utilizzando una “cosmic box” a scintillazione portatile, sviluppata dal INFN (Istituto Nazionale Fisica Nucleare) di Torino. L’attenzione è posta sul concetto di misura ripetuta di una quantità aleatoria, il controllo delle condizioni iniziali, il concetto di media, e la rappresentazione del risultato su un grafico bidimensionale, dove i valori di flusso misurati quotidianamente vengono mostrati in funzione della pressione barometrica (dedotta collegandosi in internet alla stazione metereologica del Dipartimento di Fisica di Torino). Il tutto accompagnato da una grafica simbolica che racconti giorno dopo giorno l’osservazione delle condizioni meteo in cui la misura si svolge. Un esempio è mostrato in Figura 2.
  • In 5a gli alunni sono coinvolti in un laboratorio sulla luce che utilizzando uno spettroscopio illuminato da lampade al sodio o al mercurio permette di costruire il ponte cognitivo fra il mondo atomico non visibile ai nostri  occhi e il mondo della luce visibile.

Il percorso di apprendimento diretto è affiancato ad attività di tipo interdisciplinare, che coinvolgono anche gli ambiti linguistici ed espressivi, come è indispensabile fare vista l’età degli alunni e che permettono di avere un riscontro sull’ impatto del progetto  In tal modo si è realizzato un approccio alle scienze e soprattutto al mondo della fisica in età precoce, con metodi rigorosi, coinvolgendo la totalità e la complessità dell’identità dei bambini, sia nelle loro caratteristiche cognitive, sia in quelle emotive ed affettive.
Sono stati coinvolti in questi anni circa 800 bambini. L’interesse dei bambini agli argomenti trattati è molto elevato, testimoniato dalla partecipazione capillare di ognuno di loro alla discussione in classe, dal fermento, dalle domande che scaturiscono anche dopo le esperienze e che vengono raccolte dagli insegnanti e poi portate in momenti comuni di restituzione alla fine del ciclo sotto forma di disegni, di poesie e di racconti.

Scientific Summer Academy

La Scientific Summer Academy (SSA) è un progetto di educazione scientifica che si rivolge agli studenti di 3a e 4a superiore, ideato dal Centro Interuniversitario Agorà Scienza in collaborazione con la Fondazione Giovanni Agnelli e supportato, nel corso degli anni, dalla stessa Fondazione, dall’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, dalla Compagnia di San Paolo e dall’Unione Europea (attraverso il progetto PE2020 – Public Engagement2020).
L’iniziativa intende presentare ai partecipanti temi emergenti della ricerca scientifica contemporanea attraverso la voce degli scienziati protagonisti, mostrare gli aspetti professionali e umani della figura del ricercatore e promuovere le carriere scientifiche. Dal 2010 sono state realizzate sei edizioni a cadenza annuale, della durata di una settimana ciascuna, generalmente collocate immediatamente dopo la fine dell’anno scolastico.

Ogni anno, in primavera, 50 studenti delle scuole superiori della Regione Piemonte vengono selezionati (sulla base della distribuzione geografica e dell’eccellenza scolastica e tenendo conto della motivazione espressa a partecipare all’iniziativa) per prendere parte a una settimana di formazione, esperienza e riflessione intensi sulla scienza e la ricerca. La SSA si articola in mattinate di lezioni frontali tenute da ricercatori scientificamente eccellenti ma anche ottimi comunicatori che presentano il tema di ricerca di cui si occupano. Gli organizzatori prestano attenzione a scegliere argomenti potenzialmente interessanti per un pubblico giovane.

I primi tre pomeriggi sono dedicati ad attività di laboratorio: i 50 studenti sono suddivisi in 15 gruppi di 3-4 ragazze/i e che frequentano uno stesso laboratorio di ricerca per 3 pomeriggi, a scelta tra i 15 differenti proposti. Questa parte della SSA è quella che viene generalmente considerata la più stimolante e qualificante da parte degli studenti, ai quali viene chiesto di rispondere alla fine dell’esperienza a un breve questionario di valutazione e riflessione relativo all’attività svolta. È anche la parte dell’esperienza in cui viene più intensamente e direttamente condiviso il metodo scientifico che poniamo al centro di questo articolo. I laboratori vengono ideati dai ricercatori con l’accompagnamento del personale del Centro Agorà Scienza che chiede loro, nei limiti del realizzabile, di non proporre agli studenti esperienze dimostrative o didattiche bensì di coinvolgerli nei progetti di ricerca portati avanti dal gruppo. Un’ulteriore attenzione richiesta ai ricercatori che coordinano i laboratori è quella di coinvolgere, nell’animazione degli stessi e nel contatto con gli studenti, giovani ricercatori (in particolare dottorandi), visto che la vicinanza di età crea complicità e facilita il dialogo. Lo scopo è trasmettere un’immagine corretta del mestiere del ricercatore e un’idea più precisa del metodo scientifico con le sue diversi fasi, oltre che l’importanza del confronto tra gruppi di ricerca. Con l’obiettivo di rendere gli studenti partecipanti all’iniziativa non solo più coscienti di come la scienza avanza ma anche cittadini più capaci e consapevoli nell’effettuare le scelte che contengono elementi di carattere scientifico.

Nel corso del quarto pomeriggio l’esperienza di laboratorio viene discussa dai partecipanti insieme con gli studenti universitari tutor che li hanno accompagnati nei laboratori e con il personale di Agorà Scienza, per essere quindi riassunta in poster che hanno una struttura simile a quella del poster scientifico. Introduzione, obiettivi, metodi, risultati, conclusioni; con l’aggiunta di una breve riflessione su come il tema scientifico considerato impatti la società a livello di applicazioni, etica, presenza nei media o altri elementi. Un esempio di poster prodotto dagli studenti è proposto nella figura 4.
L’ultimo pomeriggio è dedicato alla presentazione e discussione dei poster, come avviene usualmente durante le conferenze scientifiche. Gli studenti sono qui i protagonisti della comunicazione, illustrando il lavoro effettuato ai colleghi e ai ricercatori coinvolti nelle altre esperienze laboratoriali.

La conclusione della SSA è una ulteriore discussione in gruppi dedicata a temi trasversali alla scienza e alla ricerca, come ad esempio la differenza tra ricerca di base e ricerca applicata, i modelli di comunicazione della scienza, le questioni di genere nella scienza, l’etica della ricerca scientifica e lo stesso metodo scientifico. Questi temi trasversali cambiano di anno in anno e la discussione, moderata da un membro del Centro Interuniversitario Agorà Scienza, vede la presenza di uno o più ricercatori aderenti all’iniziativa (relatori, coordinatori o animatori dei laboratori).

L’esperienza della SSA permette agli studenti di entrare in contatto diretto con il mondo della ricerca scientifica e costruirne un’immagine più corretta e significativa. Non si tratta di un’iniziativa di orientamento alla carriera scientifica bensì di un’esperienza che mette in evidenza la quotidianità del mestiere del ricercatore. Nozioni scientifiche vengono acquisite dagli studenti in relazione con il tema dello specifico laboratorio ma l’accento è posto sul modo in cui procede la ricerca scientifica, dallo studio della bibliografia alla corretta impostazione del problema di ricerca, dall’indagine sperimentale fino all’ottenimento e all’analisi dei risultati. Viene anche messo in evidenza quanto la ricerca sia un’attività collaborativa, quanto sia fondamentale per il suo procedere il confronto costante con la comunità scientifica di riferimento, attraverso collaborazioni, pubblicazioni e partecipazione a convegni.

Un’indagine fra gli studenti delle edizioni dal 2010 al 2014 della SSA (234 studenti, il 50% dei quali ha risposto al questionario), effettuata nel 2015, ha mostrato che la grande maggioranza dei partecipanti era iscritto a un corso di laurea scientifico. Ma soprattutto, a confermare la differenza tra la SSA e le numerose attività di orientamento alle carriere scientifiche, mentre il 60% degli studenti ha affermato rispondendo al questionario, che la SSA aveva influenzato moltissimo, molto o abbastanza la propria scelta universitaria, quasi l’85% ha risposto che la SSA aveva influenzato moltissimo, molto o abbastanza la propria idea di scienza.
Un’ulteriore conferma dell’utilità dell’esperienza nella costruzione di un’immagine corretta del metodo scientifico è arrivata dalle risposte a una domanda posta ai 50 studenti dell’edizione 2015 dell’Academy: è stato chiesto il loro grado di condivisione dell’affermazione “Il metodo scientifico è un processo strutturato e condiviso da tutti gli scienziati” e più dell’88% ha risposto molto o moltissimo.

Conclusioni

Al centro dei due progetti descritti è posta la relazione diretta tra i ricercatori e gli studenti, che permette di trasmettere non solo i contenuti di una ricerca, ampliando quindi la cultura scientifica di bambini e ragazzi, ma anche il metodo utilizzato per portarla avanti, con una comunicazione che include le storie e le emozioni degli scienziati.
Inoltre nelle attività illustrate, i bambini e gli studenti sono protagonisti e responsabili dell’attività scientifica proposta, commisurata alle loro capacità e conoscenze. Un’esperienza capace di coinvolgerli sul piano razionale ed emotivo insieme.

Ulteriore denominatore comune tra “Semplicemente … complesso” e “Scientific Summer Academy” è la richiesta di presentare i risultati degli esperimenti effettuati mettendo in risalto la metodologia e descrivendo tutte le fasi di cui essa si compone.
Una potenzialità supplementare del lavorare con bambini e giovani risiede nell’occasione di raggiungere anche le loro famiglie con un effetto “a cascata” che va a toccare in maniera più ampia la società, come testimoniato dalla riflessione di un bambino di terza elementare sull’esperienza vissuta nel progetto “Semplicemente…complesso” presentata in figura 5.
L’acquisizione di cultura scientifica e consapevolezza del metodo scientifico da parte di bambini e giovani rappresenta un fondamento per distinguere quello che è scienza da altro, permettendo loro di approcciare in maniera più sistematica le controversie a sfondo scientifico alle quali saranno esposti. L’obiettivo di progetti come quelli descritti è di crescere cittadini più informati, capaci di costruire idee personali a partire da dati scientifici e indirizzare le proprie scelte di conseguenza.

 

Bibliografia/sitografia

[1] Sergio Scamuzzi e Giuseppe Tipaldo  (a cura di), Apriti scienza. Il presente e il futuro della comunicazione della scienza in Italia tra vincoli e nuove sfide, Il Mulino, Bologna, 2015  (ISBN 978-88-15-25752-9)

[2] http://www.istitutoaltierospinelli.com/#!attivit-e-progetti/c11g0

[3] Marisa Porcelli & Marco Costa – “Semplicemente…complesso” – Frascati Physics Series – Italian Collection Collana: Scienza Aperta Vol. IV (2014) – ComunicareFisica2012 Atti 4° Convegno “Comunicare Fisica e altre Scienze”, Torino 8-12 ottobre 2012 , ISBN — 978-88-86409780

Ringraziamenti

M.I. Porcelli, G. Bozzi, G. Branca, F. Gambotto,R. Graziano, A. Lo Sardo A. Salerno, G. Simonetti,  S. Strumia (Scuola Internazionale Europea Statale A. Spinelli)
Prof. P. Galeotti, Prof.ssa S. Beole’, Dott.ssa G. Mila, Dott. F. Bossu’ (Dipartimento di Fisica – Università di Torino)
Selena Agnella (Centro Interuniversitario Agorà Scienza)


Bestseller e novità Doppiavoce
Sconto fino al 15%


Questo sito utilizza cookies tecnici, cookies analytics e cookies di terze parti (altri siti e piattaforme web) per il monitoraggio delle visite al sito, la condivisione dei contenuti sui social network, la compilazione automatica di moduli e/o la visualizzazione di contenuti multimediali. Continuando a navigare acconsenti a usare eventuali cookie presenti in siti esterni a cui sono attivi dei collegamenti che, comunque, sono attivati volontariamente.