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È sempre un mese strano e difficile agosto.

In questo 2018 ha messo in mostra una quantità di eventi che lo confermano. E non mi riferisco solo al suo ruolo nel rendere meteorologicamente problematica quest’estate in gran parte dell’Italia. Non mi riferisco, cioè, a questa estate nella quale, secondo una tendenza che si ripete da tempo, l’anticiclone delle Azzorre non fa il suo naturale dovere, ma se ne va a sistemarsi verso la Scandinavia lasciando spazio a quello africano molto meno gradito. Non mi riferisco a questo agosto che quest’anno, per fortuna, ha avuto anche l’aspetto positivo di mostrarsi completamente diverso da quello del 2017 siccitoso e funestato da incendi.

Mi riferisco ad altri eventi dolorosi e talora catastrofici dei quali quelli che hanno maggiormente colpito e addolorato profondamente sono stati il crollo del Ponte Morandi a Genova con 44 vittime e danni materiali di incommensurabile portata e i 10 morti per una imprudente escursione nelle gole del Raganello nel Parco nazionale del Pollino.

Quest’estate, dunque, non sono stati gli incendi per i quali l’elemento scatenante è sempre la mano dell’uomo, bensì eventi scatenati dalla natura ma amplificati dall’uomo che non trovano mai di meglio che concentrarsi in agosto, nel mese delle augustiane ferie.

I terremoti innanzitutto come ci ha ricordato, in caso di dimenticanza, il Molise fresco fresco interessato con scosse di magnitudo 5.2 il 16 agosto e poi di 3.3 il 25 successivo. Ma dei terremoti non ci potevamo dimenticare perché c’è sempre il 21 agosto del 2017 ad Ischia a ricordarcelo. E soprattutto c’è il 24 agosto che ci ricorda che due anni fa, il 24 agosto 2016, un terremoto del sesto grado della scala Richter devastò molti comuni dell’Italia centrale con quella che l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) definì la “sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso”.

Il 24 agosto? Questa e proprio una data funesta perché in quello stesso giorno del 79 dopo Cristo come racconta Gaio Plinio Secondo – il “giovane” – nella sua prima lettera a Cornelio Tacito che gliene aveva chiesto notizia, suo zio Plinio – il “vecchio” – «era a Miseno e teneva personalmente il comando della flotta. Il 24 agosto, verso l’una del pomeriggio, mia madre lo informa che spuntava una nube fuori dell’ordinario sia per la grandezza sia per l’aspetto. Egli dopo aver preso un bagno di sole e poi un altro nell’acqua fredda, aveva fatto uno spuntino stando nella sua brandina da lavoro e attendeva allo studio; si fa portare i sandali e sale in una località che offriva le migliori condizioni per contemplare il prodigio. Si elevava una nube, ma chi guardava da lontano non riusciva a precisare da quale montagna [si seppe poi che era il Vesuvio]: nessun’altra pianta meglio del pino ne potrebbe riprodurre la forma».

Così il giovane Plinio si accingeva a raccontare la tremenda e più nota eruzione del Vesuvio. Ma come è bella e divertente la versione in napoletano curata da Carlo Avvisati per Arte’m Comme s’arricettaie zizìo: «Ziemo steva a Mmiseno, addò teneva ‘o cummanno d’’e nnave. ‘O vintiquatto austo, mmerzo l’una doppo miezejuorno, màmmema ‘o ‘nforma ca steva spuntanno na nùvula ca pe’ ggrannezza e cculore nun era comme a ll’ate. ‘O zio, doppo ca s’era fatto nu bagno ‘e sole e n’ato dinto all’acqua jacciata, s’era attunato ‘o stommaco spuzzuliànnose na cusarella, pe’ ‘ntramente ca steva stiso ncopp’’o lettino addò faticava, e steva ‘mpegnato cu ‘o sturià; se fa purtà ‘e zucculette e s’abbia a nu pizzo cchiù nn’àuto, da lu quale se puteva meglio tenè mente chillu fanomano straurdinario. Saglieva ‘ncielo nu nuvulone, ma chi teneva mente ‘a luntano nun accapezzava da quala muntagna s’annauzàva: se sapette, doppo, ca se trattava d’’o Visuvio. Nisciun’ato àrvaro meglio d’’o pigno putaria fa ‘o ritratto de comme chella pianta fosse tale e cquale a nuvula”».

So bene che scrivere di queste cose in piena estate e ricordare tragici eventi del passato e del presente proiettandoli in un non imprevedibile futuro alimenta pensieri e irripetibili gesti scaramantici. Niente di male. Ma niente di male anche scriverne, alimentarne la memoria e sperare che non si ripetano più.

Perché è proprio alimentando la memoria dei gestori della cosa pubblica e del bene comune qualità della vita che si può dare concretezza al principio che “prevenire è meglio che curare”.

D’altra parte bisogna onestamente riconoscere che anche per altri motivi non «è agosto forse il più crudele dei mesi»? Lo fa Paola Mastrocola in un articolo molto bello (Che fortuna, è già settembre) sul Sole 24 ore di domenica 26 (agosto, naturalmente).

E, ancora e non necessariamente per finire, possiamo mai dimenticare Achille Campanile e il suo Agosto, moglie mia non ti conosco?


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