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La scorsa settimana l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) ha pubblicato un rapporto sugli impatti dei cambiamenti climatici in Europa e sulla vulnerabilità delle diverse regioni dell’Europa di fronte a essi.  Compilato da sessanta autori e decine d’istituzioni europee, il rapporto integra recenti osservazioni e proiezioni scientifiche ed esamina una nutrita serie d’indicatori che riguardano il clima, gli impatti su diversi settori produttivi, sulla salute pubblica, sui trasporti e sulla biodiversità.

I risultati confermano che il cambiamento climatico sta continuando a manifestarsi in tutta la sua gravità in tutto il vecchio continente, dalla regione boreale a quella mediterranea, da quella atlantica agli Urali.  Le temperature terrestri e marine sono in aumento ovunque. La temperatura media terrestre in Europa nell’ultimo decennio è stata 1,5 °C più calda rispetto a quella dell’era pre-industriale. A confermare questa tendenza è giunta, all’inizio dell’anno, la notizia delle principali agenzie meteo-climatiche, tra cui la NOAA statunitense e il Met Office britannico: il 2016 ha infranto il record dell’anno più caldo di sempre, prima detenuto dal 2015, che a sua volta aveva battuto il record registrato per il 2014.

Gli eventi climatici estremi, come le ondate di calore, le forti precipitazioni e la siccità prolungata, sono aumentati, a causa del riscaldamento globale, sia in frequenza (pressoché raddoppiati negli ultimi 30 anni) sia in intensità in molte regioni europee, provocando significativi impatti in molti settori e sui sistemi sociali.  L’estensione e la massa del ghiaccio artico e dei ghiacciai alpini e la copertura nevosa stanno diminuendo in maniera drammatica.

Le proiezioni climatiche anticipano un possibile aumento di temperature in tutte le regioni europee, un possibile aumento di precipitazione nell’Europa settentrionale e un possibile calo di precipitazione nell’Europa Meridionale. Secondo il rapporto AEA i Paesi che si affacciano sull’Atlantico subiranno precipitazioni più pesanti con conseguenti crescenti rischi di alluvioni e di danni provocati dal maltempo.

L’Europa e tutto l’emisfero settentrionale si stanno riscaldando a un ritmo più veloce che altrove, al punto in cui si prevede che alcune malattie tropicali (come la febbre del Nilo occidentale, una malattia provocata dal virus West Nile, i cui serbatoi sono gli uccelli selvatici e le zanzare), possano diffondersi su tutta la Francia del Nord entro la metà del secolo.

Le catene montuose alpine e pirenaiche subiranno un costante aumento delle temperature, specialmente nelle stagioni calde, al punto da farne sciogliere i ghiacciai. La regione Mediterranea si trova di fronte a un drastico aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi climatici estremi, quali ondate di calore, siccità, incendi boschivi. La regione mediterranea viene individuata dal rapporto AEA come quella più esposta ai rischi legati ai cambiamenti climatici, a causa dei molteplici settori che vengono impattati: turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia, salute della popolazione.

I cambiamenti climatici possono introdurre disparità economiche all’interno dell’Europa favorendo regioni meno affette ed aggravando quelle più esposte, come quella mediterranea.

Il documento—come ha ribadito il direttore generale dell’AEA, Hans Bruyninckx—ha lo scopo di stimolare le finora lente manovre dell’Unione Europea verso le strategie per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici.

Insetti, ragni, anfibi, uccelli, stanno già modificando il loro ciclo di vita nel tentativo di adattarsi ai cambiamenti, ma allo stesso ritmo con cui cambia il clima.  L’equilibrio di molti ecosistemi è stato alterato da queste rapide trasformazioni del clima. Gli zoologi ritengono che alcune specie si siano estinte a causa dei cambiamenti climatici in corso.  Mediamente, la stagione di crescita dell’Europa si presenta con dieci giorni in anticipo rispetto al 1992. Ciò significa che le gemme schiudono in anticipo rispetto al consueto, i fiori sbocciano prima del previsto e i frutti vanno a maturazione precocemente, le foglie cadono in ritardo e la dormienza (necessaria per preparare le gemme al ciclo di vita successivo) si accorcia.  Nella regione dello champagne la vendemmia ha luogo con un paio di settimane di anticipo.  I vini stano cambiando il loro terroir e la loro composizione organolettica. In Paesi come la Spagna, dove si prevedono condizioni climatiche sempre più calde, già si progetta di spostare la coltivazione delle specie a ciclo primaverile verso l’inverno.  Nell’Artico, una delle regioni del pianeta dove il riscaldamento si sta manifestando in maniera repentina, molti habitat tipici, come i ghiacciai marini, la tundra, il permafrost e le torbiere, sono già stati alterati.

La formazione di zone oceaniche morte, a basso tenore di ossigeno, a causa dei fertilizzanti agricoli (in particolare nel Mar Baltico) e l’acidificazione degli oceani alimentati da un afflusso di acqua dolce, dovuto alla fusione del ghiaccio continentale si pongono come ulteriori minacce agli ecosistemi marini e alle popolazioni indigene che da loro dipendono.

Intanto si accumulano gli studi che dimostrano che i cambiamenti climatici hanno determinato o promosso l’alterazione della composizione e della struttura delle foreste, l’introduzione di specie aliene invasive animali e vegetali.

Gli ecosistemi e le aree protette sono sotto pressione a causa dei cambiamenti climatici e di altri fattori di disturbo.

Gli impatti osservati dei cambiamenti climatici sono una minaccia per la biodiversità, ma anche per la selvicoltura, la pesca, l’agricoltura e la salute umana.  In risposta ai cambiamenti climatici, molte specie animali e vegetali terrestri stanno modificando il ciclo di vita, come lo spostamento verso nord o ad altitudini più elevate (trasgressione altitudinale e longitudinale). Sono state osservate zone in cui è avvenuta una vera e propria estinzione di specie locali e l’arrivo di nuove specie esotiche che le hanno colonizzate o che hanno ampliato il loro raggio d’azione;  viceversa, diverse specie marine, tra alcune commercialmente importanti, stanno migrando verso nord.

La maggior parte degli effetti dei cambiamenti climatici in Europa sono stati negativi, anche se alcuni Paesi si sono avvantaggiati del cambio. Esempi d’impatti positivi dei cambiamenti climatici sono una diminuzione della domanda di riscaldamento e un aumento della produttività di varie colture agrarie nei Paesi scandinavi, baltici e in Scozia.

L’innalzamento del livello del mare ha aumentato il rischio d’inondazioni e ha contribuito all’erosione lungo le coste europee. Le imprese e le proprietà commerciali che operano lungo le fasce costiere trovano sempre più complicato assicurare i loro asset, mentre quelli che già posseggono una assicurazione si trovano nella condizione di violare le condizioni assicurative non investendo in misure di riduzione di protezione da alluvioni.

L’aumento dell’intensità e della frequenza delle ondate di calore ha già presentato i suoi effetti sulla salute umana, in particolare nelle città. Le ondate di calore stanno anche aumentando il rischio di blackout elettrici e d’incendi boschivi. Il sistema dei trasporti e il turismo sono stati colpiti dai cambiamenti climatici, con grandi differenze da regione a regione dell’Europa.

Il rapporto dell’AEA conferma che il cambiamento climatico continuerà a manifestarsi per molti decenni a venire, con ulteriori impatti sulle specie, sugli ecosistemi e sulla società.

La crescente capacità degli scienziati di costruire proiezioni climatiche più attendibili fornisce nuove prove che a causa del riscaldamento globale aumenteranno la frequenza e l’intensità degli eventi climatici estremi (ondate di calore, forti precipitazioni, siccità, velocità del vento superiore e mareggiate) in molte regioni europee.   L’entità del futuro cambiamento climatico e le sue conseguenze dalla metà del secolo in poi dipenderanno dall’efficacia degli sforzi globali di riduzione del livello delle emissioni di gas-serra.

L’entità del cambiamento climatico e le sue conseguenze potranno essere ridotte in maniera significativa se la comunità globale saprà mettere in atto una serie ambiziosa di misure e politiche di riduzione delle emissioni di gas-serra in atmosfera, in maniera coerente il target sottoscritto con l’Accordo di Parigi: contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali.  Tuttavia, l’arretramento dei ghiacci marini aprirà la strada a un maggiore sfruttamento delle risorse naturali, tra cui quelle fossili per la produzione di energia, da parte dei Paesi artici e, tra questi, dei più ‘muscolosi’.  Ciò è esattamente l’opposto di quanto è auspicato dalle strategie per la transizione verso una società a basse emissioni di carbonio e per il raggiungimento del target, previsto dall’Accordo di Parigi, di limitare a non più di 2 °C il riscaldamento del pianeta rispetto all’era pre-industriale.

I futuri cambiamenti climatici interagiranno con altri sviluppi socio-economici del continente, tra cui l’invecchiamento della popolazione e la crescente urbanizzazione, la prevista riduzione della popolazione in Europa orientale e la riduzione del divario economico tra l’Europa occidentale e quella orientale. I settori delle risorse idriche, dell’agricoltura, della silvicoltura e della biodiversità, tra loro fortemente collegati e interdipendenti, sono anche correlati ai cambiamenti dei modelli di uso del territorio e di dinamiche della popolazione.

Il cambiamento climatico interessa tutte le regioni in Europa, ma gli effetti non sono omogenei. L’Europa sud-orientale e meridionale siano le regioni hotspot, avendo il maggior numero di settori e ambiti colpiti in maggior misura.  Le zone costiere e le pianure alluvionali nelle zone occidentali dell’Europa risultano anche gli hotspot multisettoriali maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici. Gli ecosistemi alpini e la penisola iberica sono altri hotspot per gli ecosistemi e i loro servizi.  Gli ecosistemi e attività umane nell’Artico saranno molto influenzati a causa della lievitazione delle temperature, sia dell’aria sia del mare, e il conseguente scioglimento dei ghiacciai terrestri e marini.

I costi economici che il continente dovrà sopportare dipenderanno dall’entità e dalla velocità con cui si mostrerà il cambiamenti climatico.  Questi costi potranno essere realmente molto elevati, anche con modesti livelli del cambiamento climatico,  ma potrebbero aumentare in modo significativo se si dovessero concretizzare gli scenari peggiori del riscaldamento, in assenza di azioni concrete da parte delle nazioni. Gli esperti non hanno dubbi nel ritenere che l’entità de danni previsti dal cambiamento climatico saranno più alti in Europa meridionale, compreso il nostro stivale e le isole. Tuttavia, le stime degli impatti economici del cambiamento climatico in Europa considerano solo alcuni settori e presentano una quota notevole d’indeterminatezza.

La vulnerabilità dell’Europa ai cambiamenti climatici è destinata ad aumentare ancora di più per via degli impatti che gli stessi cambiamenti climatici avranno al di fuori dell’Europa.  È evidente infatti che il nostro sistema economico subirà un impatto se il caos climatico modificherà  il sistema mondiale del commercio dei prodotti agricoli e non agricoli, delle infrastrutture e dei trasporti, la geopolitica e i rischi per la sicurezza, la mobilità umana connessa alla migrazione e alla crisi economica.

Gli esperti ritengono che l’area del Mediterraneo sia più vulnerabile agli shock relativi al flusso dei prodotti agricoli, mentre le economie europee più piccole, aperte e altamente sviluppate, siano particolarmente vulnerabili agli shock nel flusso di prodotti non agricoli.

Si prevede che la vulnerabilità europea agli effetti transfrontalieri debba aumentare nei prossimi decenni, anche se non sono disponibili proiezioni in grado di quantificarne la magnitudine.

Il rapporto dell’AEA ritiene che fortunatamente le strategie, le politiche e le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, inclusa la loro integrazione nelle politiche dei vari settori produttivi, migliorano a tutti i livelli di governance (europea, transnazionale, nazionale e locale). Molta strada, invece, resta da fare sul lato della coerenza e delle politiche ambientali e settoriali dell’UE.  Il rapporto sollecita un’azione efficace ed efficiente a tutti i livelli della governance, attraverso una governance multilivello e piattaforme di cooperazione transnazionale; un miglioramento degli approcci per una ‘gestione adattativa flessibile’al clima che cambia; una combinazione tra soluzioni tecnologiche, ingegneristiche da una parte, e soluzioni soft o basate sul restauro ambientale dall’altra.  In sostanza si può scegliere di prevenire inondazioni costruendo dighe e sbarramenti o viceversa ricostruendo le dune o restaurando aree litorali umide, oppure adottando un mix tra i due approcci a seconda dei casi.

La base di conoscenze relative agli impatti dei cambiamenti climatici, alla vulnerabilità, alle valutazioni di rischio e di adattamento in Europa deve  essere necessariamente migliorata, ad esempio attraverso un migliore monitoraggio e reporting degli estremi legati al clima e del danno associato, o più accurati percorsi di monitoraggio, reporting e valutazione delle azioni di adattamento al disordine climatico.   Sarebbe utile anche una maggiore conoscenza sui costi e sui benefici delle opzioni di adattamento e sulle interdipendenze, sinergie e benefici tra le politiche di adattamento e le altre politiche e azioni.


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