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Massimo Carlotto, nato a Padova nel 1956, è uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei. Certo è un famosissimo premiato autore di genere noir, comunque ha scritto anche molto altro, reportages drammi commedie fiabe racconti e testi di canzoni; articoli documentari interviste d’attualità; per il teatro, la radiofonia, la televisione, la musica. Ha fondato il “noir mediterraneo”, è distribuito e molto apprezzato in molti altri paesi, ha spesso scritto libri di successo con altri autori e collaborato con musicisti, ha diretto collane editoriali e aiutato molti giovani colleghi e colleghe. In meno di 25 anni ha pubblicato una trentina di romanzi (perlopiù con le edizioni e/o), con notevole successo di critica e alta tiratura, tradotti con interesse (innanzitutto in Francia, poi anche in Germania, Spagna, Inghilterra, Olanda e in varie parti del mondo).

Il primo libro che ha pubblicato è una sorta di autobiografia, racconta il suo stesso caso “senza prendermi troppo sul serio”. Si tratta di Il fuggiasco, che ha avuto una decina di anni fa una fedele discreta trasposizione cinematografica con omonimo titolo. Anche gli altri prenderanno il “nero” come genere di riferimento per una profonda critica sociale. E per oltre un decennio (spesso anche poi) è immancabile il riferimento al dramma del carcere come spunto, dialogo, tappa, denuncia per personaggi importanti, poi cronache vere come trama, l’esercizio talora ingiusto della giustizia e talora giusto dell’ingiustizia come tema di riflessione, l’intreccio fra società criminale e poteri economici, fra meglio e peggio gioventù come contesto storico. Carlotto è divenuto personaggio pubblico per una vicenda giudiziaria precedente la sua attività di scrittore. La vicenda è definitivamente chiusa, chi vuole conoscerla può informarsi e documentarsi, comunque gli aspetti legali e amministrativi non hanno pendenze. Conservo con cura il volume La giustizia negata: il caso Carlotto, a cura dell’Associazione “Ora d’aria”, edito nel 1992 con prefazione di Giuliano Pisapia. C’era allora un autorevole comitato che chiese giustizia per Massimo Carlotto, segnalando la violazione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. È tutto noto. Anche se le ferite rimastegli dentro non si chiuderanno mai.

A diciannove anni Massimo Carlotto frequentava l’università e militava in Lotta Continua. Il 20 gennaio 1976 scoprì una ragazza uccisa a coltellate, insanguinata e morente. Iniziò così una “via crucis” densa di errori e revisioni, dimenticanze e contraddizioni, non solo giudiziaria. Fu accusato di omicidio, prima assolto nel maggio 1978, poi condannato a 18 anni in appello l’anno dopo, sentenza confermata dalla Cassazione nel novembre 1982. Per oltre due anni divenne “latitante”, soprattutto a Parigi e in Messico. Nel gennaio 1985 fu arrestato, torturato, rimpatriato. Restò in carcere in Italia per oltre 7 anni. Si ammalò. In qualche modo lesse e scrisse molto. Ottenne infine la grazia, il 7 aprile 1993. Divenne scrittore. Per oltre un decennio è vissuto in Sardegna tra Cagliari e Capo Carbonara con la moglie, il figlio Giovanni (nato nel dicembre 2002) e un bel labrador. Il Tribunale di Cagliari lo ha poi tardivamente riabilitato il 29 gennaio 2004. Era nel frattempo divenuto, per sue conclamate qualità letterarie, uno dei principali protagonisti del romanzo giallo e nero europeo. Ora è tornato in Veneto, nella pienezza dei suoi diritti civili di cittadino italiano, nella conquistata personalità di provato sensibile stimato uomo di cultura.

Nel 1998 Carlotto ha pubblicato una dolorosa commovente storia sull’annientamento pianificato e strategico di un’altra generazione, gli uomini e le donne scomparsi durante la dittatura in Argentina fra il 1976 e il 1982 (e prima anche in Cile): Le irregolari. Buenos Aires Horror tour. Nomi, abitazioni e singole storie di tanti dei trentamila desaparecidos, anche di origine italiana, nella ricerca palpitante e nella memoria commossa delle madri e delle nonne sostituiscono lo scopo originario del viaggio dell’io narrante sulle tracce del nonno Guglielmo Carlotto, anarchico vicentino emigrato per 14 anni alla fine dell’ottocento e poi tornato a Padova senza raccontare come ha vissuto lontano. La canzone “Fango” conclude il giro a Santiago del Cile davanti all’ingresso della famigerata ESMA, cantata dall’autore Ricky Gianco, da Camardi e dallo stesso Carlotto, con una chitarra e con un sassofono, il 24 gennaio 1998.

Nel 2004 Carlotto ha pubblicato un magnifico terribile noir L’oscura immensità della morte, poi divenuto anche uno spettacolo teatrale con regia di Alessandro Gassman. Narra del conflitto fra il condannato per un omicidio e il sopravvissuto affetto delle vittime, di cosa significhi e comporti chiedere la grazia al Presidente della Repubblica (scritto dopo aver cercato e riflettuto con alcuni di coloro che davvero l’hanno chiesta e con alcune delle loro vittime). Accanto ad altri romanzi gialli o storici la notorietà di Carlotto ha raccolto molti affezionati per una serie hard-boiled con un protagonista seriale, l’Alligatore, otto romanzi distinti in due stagioni, 1995-2002: La verità dell’alligatore, Il mistero di Mangiabarche, Nessuna cortesia all’uscita (premio Dessì e menzione speciale della giuria dello Scerbanenco), Il corriere colombiano, Il maestro di nodi (Premio Scerbanenco); 2015-2017 La banda degli amanti, Per tutto l’oro del mondo, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane (finora l’ultimo). La prima avventura (1995) tratta di borghesia di provincia drogata e corrotta (una pista anche per risolvere davvero il “suo” caso), la seconda (1997) di spionaggio criminale sardo, la terza (1999) dell’epilogo della Mafia del Brenta, la quarta (2000) del traffico di cocaina colombiana, la quinta (2002) di piaceri e dispiaceri sadomaso. Grande è stato il successo internazionale (soprattutto Inghilterra e Usa), tanti i fedeli appassionati in Italia (con bar e blog intitolati). Poi una lunga pausa, un’avventura a fumetti (Dimmi che non vuoi morire, disegnata da Igort, ambientata a Cagliari, una canzone per titolo), recentemente il rilancio.

Se digitate Alligatore vi parlano del simpatico animaletto della famiglia dei rettili, se andate oltre sul web trovate un investigatore e un cocktail come due oggetti interessanti da gustare. Confermiamo: l’Alligatore è uno straordinario personaggio letterario di Massimo Carlotto e un creativo barista sardo trasse un delizioso intruglio dai gusti alcolici narrati. Ex studente, ex voce rock e blues (cantante con rubboard degli Old Red Alligators), ex galeotto, investigatore senza licenza e senza numero fisso per soldi e per bisogno di giustizia, esperto “irregolare” in casi ai limiti della legalità con l’unico personale vincolo di non uccidere, senza tatuaggi, con orecchini, gran fumatore, gran bevitore di calvados spesso mescolato (con tre parti di drambuie, molto ghiaccio e una fettina di mela verde), Marco Buratti l’Alligatore vive nel nord est, ama il caffè dolcissimo, veste elegante, ha a lungo girato con una mitica vecchia Skoda, incontra donne di cui s’innamora perdutamente. Il carcere è una costante dei suoi pensieri e dei suoi casi: anche Buratti vi ha trascorso 7 anni, ingiustamente, per partecipazione a banda armata, poi è stato graziato. E in carcere imparò il mestiere: durante la detenzione ricoprì spesso il ruolo di mediatore e di pacificatore tra le fazioni della malavita organizzata.

Per le indagini Marco ha due cari amici: Beniamino Rossini (ispirato a un vero contrabbandiere, di cui Carlotto ha scritto una magnifica biografia). un ormai ultrasessantenne (conosciuto nel carcere di Pianosa) della malavita vera che lo aiuta tra un contrabbando e l’altro, tra una rapina e l’altra, sapendo uccidere, possente, baffuto, romantico, curato, abbronzato; Max la Memoria, autore di un perfetto archivio di controinformazione, lento e acuto, inizialmente latitante e bloccato al computer, poi libero dopo un anno di “volontaria” galera, militante no global, un tempo sposato con la seducente Marielita. Negli ultimi romanzi i tre personaggi “buoni” stanno invecchiando e guardano al mondo e alla vita in un altro modo, sono “sopravvissuti” e ora vogliono quasi solo restare dignitosi, soprattutto sul piano delle relazioni. Compiono indagini casuali, ricerche di innamorati scomparsi, affettuose verifiche su rapine insolute ed efferati delitti (di cui vi è traccia e spunto nelle cronache nere) e incrociano l’epopea del “cattivo” genio del crimine Giorgio Pellegrini (protagonista di una miniserie, 2001 e 2011). Il prevalente contesto dei romanzi dell’Alligatore è il padovano (con l’eccezione del secondo e dell’ultimo). Hanno una rara straordinaria colonna sonora blues (ormai è divenuta obbligatoria la playlist finale). Il delicato complicato gusto per il cibo, piatti e vini, fa fugaci crescenti apparizioni. Finiscono quasi sempre con il primo approccio alla storia successiva.

All’inizio del 2018 la Rai ha proposto allo scrittore di noir Massimo Carlotto di condurre un programma su Rai4 dedicato ai serial killer. Mi è sembrata e mi sembra ancora un’idea intelligente e colta per chi ha a cuore la qualità del servizio pubblico.


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