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Le isole dell’arcipelago campano, come quelle pontine, sono a tutti gli effetti dei santuari marini per i cetacei, dal 2017 riconosciute ufficialmente anche dall’IUCN grazie all’Ischia Dolphin Project e dal 2004 è Brunone il capodoglio più affezionato a questi mari suggestivi.

 

Vivono nel mare come i pesci, ma respirano come gli animali terrestri: Stenella coeruleoalba, Physeter macrocephalus, Tursiops truncatus, Grampus griseus e Balaenoptera physalus, sono tra i visitatori delle acque cristalline del Tirreno e in particolare degli arcipelaghi pontini e campani. E il capodoglio Brunone è il più “assiduo frequentatore” delle acque tra Ischia e Ponza: «è stato tra i primi ad essere osservato, rilevandone la presenza grazie agli idrofoni (microfoni subacquei), già nel 2004», racconta Barbara Mussi, responsabile dell’Ischia Dolphin Project (IDP). Tra maggio e settembre 2017 l’organizzazione no profit Oceanomare Delphis Onlus, con i suoi 10 ricercatori, a bordo del Jean Gab, un veliero di 17 metri adibito a laboratorio, ha condotto uno studio sui mammiferi marini permettendo alle isole di Ischia, Capri, Procida di essere annoverate dall’IUCN   come “importanti aree marine per i cetacei”. «È stata una conferma», spiega la responsabile del progetto, «un riconoscimento importante per un lavoro che è iniziato dal 1991 e che in passato ci ha già visto protagonisti per l’inclusione di un’ampia zona pelagica dedicata ai mammiferi marini nell’Area Marina Protetta delle isole di Ischia Procida e Vivara».

Whale Watching significa osservare i cetacei nel loro ambiente naturale e mai come nel caso del team di IDP ne è giustificato l’utilizzo: nella campagna 2017, 77 uscite in mare totalizzando 674 ore di monitoraggio e 67 avvistamenti di 5 specie diverse di cetacei, registrando 71 ore di osservazione diretta. «Il merito di traguardi così importanti non si raggiunge senza un team che collabora costantemente e il rapporto con i colleghi permette un lavoro ottimale ai ricercatori e agli studenti in visita, come ai volontari che oggi vengono da tutto il mondo», spiega Barbara Mussi.

Come nelle esplorazioni dell’800 o nei racconti di Herman Melville, nel 2017 sono state condotte in porto oltre 2.540 miglia nautiche a bordo del Jean Gab. Quando si naviga con il mare calmo e il vento appena percettibile (1-3 nodi), ci si può imbattere in emozionanti avvistamenti, si possono scorgere branchi di stenelle striate (Stenella coeruleoalba), cetacei odontoceti (presenza di denti) appartenenti alla famiglia Delphinidae. Le loro evoluzioni attirano immediatamente l’interesse, spesso si avvicinano alle imbarcazioni nuotando nell’onda di prua e sono riconoscibili da una livrea grigia sovrastata da un complesso disegno di strie bianche e nere.

Questi mammiferi compiono spesso dei salti acrobatici, anche di sette metri, praticamente tre volte la loro lunghezza. Così come la stenella striata, anche un altro esemplare nuota spesso a largo delle coste tra Ischia e Ponza: Brunone il capodoglio (Physeter macrocephalus) che da 14 anni frequenta le acque dell’area di studio. Questa specie, poi, conta 86 esemplari censiti dal 2003. «Brunone è un maschio ormai adulto che crescendo si è staccato come consuetudine dall’unità sociale in cui era nato», spiega Barbara Mussi.

Ischia come Ponza o Procida sono conosciute per le loro tante bellezze e i panorami mozzafiato e tra le tante attrazioni ufficiali si potrà annoverare la presenza costante di una specie marina ancora poco conosciuta in Mediterraneo: il grampo Giotto (Grampus griseus). Censito nel 2015 quando da cucciolo nuotava a fianco della madre Cimabue, è stato riavvistato, a distanza di tre anni, giovane e in compagnia di altri “coetanei”, a dimostrazione delle forti relazioni sociali che caratterizzano la specie. Si può essere stati in un’isola dell’arcipelago campano anche cento volte e scoprire qualcosa di nuovo ogni volta. Adesso c’è sicuramente un motivo in più, basta dotarsi di una barca e un buon cannocchiale in stile capitano Achab.

Il programma di monitoraggio dell’IDP ha presentato nel 2017 i dati relativi alla presenza delle specie marine osservate a largo delle coste campane e laziali e i report permetteranno «di farci comprendere meglio come siano spariti dai radar di osservazione specie target come il globicefalo (Globicephala melas) o il delfino comune (Delphinus delphis), probabilmente per le importanti minacce legate all’attività antropica», conclude Barbara Mussi. Il Tirreno è un mare che non finisce mai di sorprenderci, ma anche un ecosistema che rischia gravi danni dovuti al disturbo causato dal traffico navale e dall’eccessiva attività pesca, che sottrae risorse alimentari a balene e delfini.


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