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La risorsa infinita. Capitolo 13

Un filo di speranza

Da quanto abbiamo visto fin qui risulta chiaro che, mentre è vero che lo “stato – padrone” proprio dei paesi del socialismo reale è pericoloso e non riproponibile,  d’altro lato il superamento del modello liberista di Keynes – Ford non può essere nella direzione di indebolire e marginalizzare vieppiù il ruolo dello stato a vantaggio di un mercato sempre più totalizzante e sempre più libero da regole.

Al contrario, proprio nello scenario del mercato globale è sentita e irrinunciabile la presenza di un arbitro garante del rispetto degli interessi collettivi; un arbitro, anzi, che deve essere investito dei poteri per svolgere autorevolmente le sue funzioni alle varie scale territoriali, dalla scala planetaria a quella locale. Cerchiamo, in quanto segue, di sviluppare questo assèrto.

Cominciamo con lo stabilire un principio generale, che rappresenterà l’unica bussola e la bilancia cui ancorare i nostri criteri di scelta: il fine ultimo del governo della economia non può essere la produzione di profitto a vantaggio di pochi; ma quello di offrire la migliore possibile qualità della vita alla collettività, e per conseguenza anche a ciascun singolo cittadino.

Nei capitoli pregressi abbiamo  evidenziato che alcuni beni collettivi primari non sono né possono essere considerati come merci, cioè come prodotti e servizi che qualcuno detiene, produce e offre in vendita, cercando un compratore che li acquisti.

E ciò non solo per ragioni di ordine etico; ma anche per motivi di ordine tecnico/economico.

Nella logica del libero mercato questi beni collettivi, non avendo un compratore, restano infatti figli di nessuno. Peggio ancora, essi restano esposti alla rapina da parte dei “poteri forti” agenti sul mercato i quali, dalla dissipazione di tali beni, possono ricavare indirettamente enormi profitti, e quindi a tale dissipazione sono fortemente incentivati.

I più rilevanti fra i beni primari sono: la qualità dell’ambiente; la sicurezza; la cultura. Sono beni che si manifestano alla scala locale, a quella nazionale e a a quella planetaria, con modalità e  caratteristiche in parte comuni fra di loro, in parte peculiari per ciascuno di essi.

Dedichiamo a ciascuno alcune brevi considerazioni.

Per quanto riguarda la qualità dell’ambiente, a determinarla concorrono la qualità dell’aria, delle acque e del suolo; nonché le interazioni fra queste componenti, in particolare per quanto concerne il loro concorso a determinare il clima. E’ già inconcepibile che un singolo cittadino – per quanto facoltoso, ma miope ed egoista – cerchi di risolvere il proprio particolare problema controllando il microclima della propria casa e intorno ad essa; ma appena allarghi lo sguardo alla scala urbana, poi regionale, nazionale, e infine planetaria globale, non può che concludere che l’unica possibilità concreta  è quella di affidarsi a un operatore pubblico delegato a salvaguardare l’interesse collettivo. Serve una sorta di organo alla scala mondiale per il governo dell’ambiente e del clima, che si occupi direttamente nell’interesse dell’umanità tutta dei problemi climatici e ambientali globali, e coordini e dia regole comuni alle azioni di governo dell’ambiente alle varie scale territoriali (nazionale, regionale, cittadina). Deve essere un organo dotato di strumenti efficaci e forti, perché enormi sono i profitti che possono essere ricavati dalla rapina e dalla devastazione dell’ambiente alle varie scale: a mero titolo di esempio, citiamo lo smaltimento selvaggio di rifiuti  tossici; o lo sfruttamento delle risorse rese accessibili dallo scioglimento dei ghiacci polari. Ma è un provvedimento che va assunto superando ogni difficoltà, perché il contraltare di quei profitti selvaggi e illeciti sono fenomeni planetari capaci di mettere a rischio non solo l’economia di interi paesi, ma anche la vita dei loro cittadini e, in prospettiva non così lontana, il benessere e la vita di importanti porzioni dell’umanità intera.

Abbiamo già brevemente commentato, come il tema della sicurezza abbia notevoli punti di somiglianza, ma anche differenziazioni, rispetto a quello del controllo ambientale. A livello planetario, al ruolo di “ gendarme del mondo” si candidano di fatto le grandi superpotenze ( in particolare gli USA), ciascuna di esse singolarmente o come capofila di grandi alleanze multinazionali (vedi NATO). Questo modello non può funzionare, e deve necessariamente essere superato in positivo; e ciò non solo per le difficoltà adombrate nel succitato capitolo……., due sono in particolare le controindicazioni più macroscopiche:

a) il problema della sicurezza internazionale ( così come, del resto, alla scala nazionale e urbana) non può essere affrontato – solo – con le armi e gli strumenti della guerra o della repressione o della polizia. Occorre anche agire costruttivamente per eliminare le cause  di tensioni, rivoluzioni e guerre.

b) Quando la funzione di gendarme del mondo venga assunta da un paese o blocco di paesi, troppo irresistibile diviene la tentazione di usare quel ruolo e quegli strumenti per imporre soluzioni a proprio vantaggio, trasformandosi da garante dell’interesse collettivo in soggetto imperialista che fa solo i propri affari usando a tal fine tutti gli strumenti che di cui dispone, in particolare le armi.

Finalmente, il problema della conoscenza, e l’esigenza di garantire a tutti l’accesso a questo fondamentale bene primario, che negli ultimi decenni è divenuto anche la principale “materia prima” su cui si basano lo sviluppo, la qualità della vita, la prosperità di un paese, di una regione. Abbiamo da più punti di vista argomentato come non vi possa essere giustizia sociale, democrazia, ed un regime di pari opportunità, fino a che la conoscenza – in particolare scientifica – resti come oggi essa è una risorsa a disposizione dei soggetti di mercato che operano sul versante della offerta, escludendone di fatto il mondo della domanda. Dunque, anche la diffusione della cultura diviene precondizione a uno sviluppo equo e sostenibile.

Se confrontiamo queste esigenze di salvaguardia – alla scala planetaria – di fondamentali risorse materiali e immateriali con la “missione” dell’ONU, troviamo una sostanziale coerenza. Direttamente l’ONU, o tramite sue molteplici articolazioni (UNESCO, FAO, OMS, UNICEF ecc.), è vocata  a occuparsi della sicurezza del mondo, della salvaguardia e libero accesso al patrimonio culturale dell’umanità, oltre alla difesa di altri fondamentali diritti esistenziali che devono essere garantiti per tutti gli stati, e tutti i singoli membri della comunità umana: diritto a non morire di fame e di sete : diritto alla salute; diritto all’istruzione; diritto alla liberazione dallo sfruttamento più odioso e selvaggio; ecc.

Tuttavia, risulta anche brutalmente evidente quanto inadeguata sia l’ONU (le sue dotazioni economico-finanziarie; il suo statuto; i suoi regolamenti, i suoi meccanismi decisionali, ecc.) a svolgere con un minimo di efficacia la missione che detiene sulla carta, e di cui il mondo ha bisogno. Essa è ridotta nei fatti al ruolo di liberare dai rimorsi la coscienza delle grandi potenze economiche, militari, politiche che recitano e operano sul palcoscenico mondiale.

Se volessimo condensare in un unico sintetico punto l’imperativo programmatico che la nostra civiltà e l’umanità tutta dovrebbe affrontare e compiere con grande urgenza è la riforma dell’ONU, dando in essa voce e capacità decisionale ai soggetti più emarginati e sofferenti anziché ai più ricchi e potenti; e strumenti per imporre a questi ultimi il rispetto delle regole.

Ma in queste ultime pagine, abbiamo sconfinato dal terreno delle analisi e del progetto, per avventurarci su quello dell’utopia. L’utopia è per definizione un sogno irrealizzabile; ma dare forma a tale sogno è un esercizio tutt’altro che inutile, perché fornisce le coordinate entro cui costruire il progetto, e verso cui indirizzare le speranze. E poiché ormai stiamo, consapevolmente, ragionando di utopia, immaginiamo che il nuovo organo di governo mondiale sia in grado di definire, adottare e imporre la nuova carta dei diritti e dei doveri dell’umanità e degli uomini, cominciando dal più elementare dei diritti di ogni bambino, donna, uomo, oggi largamente negato, che è il diritto alla vita.


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